di Maura Mauro
Quando sei piccola non sai dove stai andando: è la tua famiglia a decidere per te …
DENTRO. Stamattina, mentre ero ancora nel letto, mamma mi ha attaccato un cerotto dietro l’orecchio e non mi ha raccomandato altro: “Non toccarlo! Dai svegliati, saliamo in Sila!”. È una splendida giornata di sole, fa caldissimo e Catanzaro è deserta. Sono in macchina, seduta sui sedili di dietro con mamma e Antonio, papà sta guidando. La macchina accosta e ci fermiamo: sento l’aria, mi accarezza le guance, è più fresca di quella di Catanzaro. È pieno di alberi ai lati della strada e sembrano formare un tunnel e le macchine ci passano sotto. Non è un tunnel buio, noto dei riflessi di luce che attraversano le foglie e illuminano la strada. È bellissimo e non riesco a spostare lo sguardo. Papà dice che non siamo arrivati: mi prende per mano e mi porta a bere a una fontana, siamo a Cafarda. Tira fuori un cerchio di plastica rosso, lo svita ed esce fuori un bicchiere. Lo riempie e mi dice di assaggiare: è buonissima, freschissima e ne voglio ancora. Torno in macchina, si riparte. Mi viene da vomitare ma se mi metto con la testa quasi fuori dal finestrino mi sento meglio. Vedo lunghe distese di alberi, papà dice che sono i boschi, un continuo gioco di luci e si sente il silenzio: respiro. Non mi sento bene, ci fermiamo in un posto pieno di macchine e c’è una grande casa di legno con le staccionate, nel verde, papà dice che è il Granaro, un ristorante: vomito! Risalgo in macchina e mamma mi dice che devo guardare avanti. Non ci sono più le staccionate, stiamo passando per una strada ai cui lati ci sono i muri, non mi piace. La strada si apre: dal lato di papà c’è il mare circondato dagli alberi! Papà dice che si chiama diga. Costeggiamo tutta la diga, poi la strada si richiude e io vomito di nuovo. Siamo arrivati a Villaggio Cutura, i miei genitori hanno comprato casa qui: “Luglio al mare e Agosto in Sila” – dice papà. Le nostre vacanze così per tutte le estati!
FUORI. “Luglio al mare e agosto in Sila”… è un editto. Da quasi 20 anni ronza nelle orecchie e non smette mai di fare un po’ male. Da 18 anni viviamo tutti sullo stesso lembo di terra lungo non più di un chilometro. E’ lì che ci siamo conosciuti… E’ lì che le nostre giornate passano serene tra l’alba dentro il mare e il tramonto dietro le montagne.
DENTRO. Papà è contento di essere qui, si vede. È diverso, sembra rilassato, passeggia, si mette la tuta e le scarpe da ginnastica e ride tanto quando scendiamo al primo piano per prendere il caffè dallo Zio. La mattina posso scendere in pigiama per fare colazione con la marmellata alle ciliegie di Zio! Mia madre ci ha provato a comprarla uguale per evitare di andare a disturbarlo ogni mattina ma non la mangio, voglio quella. Mamma sta spesso in cucina a preparare pranzoni e cenoni neanche fosse sempre Natale in Sila. La mia sensazione è che la famiglia è più grande, siamo di più e posso vedere i cugini che non vedo mai d’inverno a Catanzaro perché scopro che vivono in altre città. Mamma e papà ci guardano mentre lo Zio ci racconta le “fragole” (favole): siamo noi i protagonisti delle storie e andiamo per boschi, incontriamo animali strani, personaggi strani, gli alberi parlano e anche l’aria ha una voce. Mi piace quando canta canzoni storpiando il mio nome … Magura Magura vieni con me ti darò il pan de rè, pan de rè della regina Magura Magura stammi vicina. “Veniamo sempre in Sila?” – dico – ma i miei genitori non mi rispondono.
FUORI. La sequenza è tutti gli anni uguale: a fine Luglio la domanda è sempre: “quando vai in Sila?” E la risposta è sempre “i primi di Agosto” – “ma poi torni?” – “e non lo so…”
DENTRO. Passeggiando per il villaggio, vicino casa vedo una specie di villa di legno e di pietra circondata dalle staccionate, nel bosco praticamente, le altalene, lo scivolo, la ruota, i dondoli, un campetto da tennis. “Posso andare? – chiedo a mamma. Vai e attenta a non farti male!”. Ci sono altre bambine e bambini e quelli più grandi.
Sto facendo un quadro con le pigne: topolino!
E la mia maschera? La cartapesta? E come si fa? Sabrina, l’animatrice è bravissima e mi fa vedere: uno strato di giornale e uno di colla.
Stiamo a cena da Zio e mamma racconta di me a tutta la famiglia riunita: mi hanno chiamata capobanda.
È pomeriggio e “dobbiamo smaltire” dice papà: passeggiata fino a Villaggio Mancuso. Ci sono i negozi! Attraversiamo la piazzetta e percorriamo un vialetto alberato con le bancarelle e Zio mi compra i lecca lecca a forma di ciucciotti. Mi fermo: ci sono i cavalli! Chiedo a papà di avvicinarci e “Si possono fare i giri sul cavallo papà? Posso? Voglio quello bianco: Nuvola!”. Ho paura a toccarlo ma lo voglio toccare e lo tocco, lo accarezzo, lo abbraccio da sopra e il ragazzo mi accompagna tirando il cavallo per una corda. “Papà me la compri Nuvola?”
Papà e Zio mi portano a vedere i daini, mamma resta a casa che deve cucinare per il pranzo di oggi. I daini sono tanti e stanno dietro un cancello di legno. Hanno per loro un pezzo grande di bosco. Hanno anche una casa di legno dove gli mettono il cibo. Posso dargli l’erba: stendo il braccio e loro prendono velocemente quello che ho in mano. Hanno una faccia simpatica ma le mosche gli rompono l’anima poggiandosi sempre su di loro!
Vogliono fare una gita stamattina: Palumbo. Guardo fuori dal finestrino della macchina e c’è una distesa di girasoli. Papà va piano con la macchina per non farmi sentire male. Siamo arrivati: andiamo a prendere il bob! Un signore ci fa avvicinare a un coso di metallo con un pistone d’avanti: io mi siedo tra le gambe di papà! Partiamo! Scivoliamo per una stradina di metallo a U: è divertentissimo e passiamo dai boschi! Voglio rifarlo da sola come mio fratello ma ho paura: non lo faccio!
Si può fare l’autoscontro nell’acqua e andiamo solo noi cugini: mi diverto da morire e siamo tutti contenti e ridiamo così tanto che mi fanno male le guance.
FUORI. Sono andata qualche volta in Sila… Ma non era la Sila di MauraMà. Ho cercato più volte di scorgere un cartello tra i tornanti della strada. E ogni volta che ho chiesto “ma questa è la Sila di MauraMà?”, mi hanno sempre risposto “no, quella è da un’altra parte”.
DENTRO. Sotto casa mia abita Luna. Ci siamo conosciute mentre giocavamo fuori dal portone con Zerbino il cane dei nostri vicini. Lei è un anno più piccola di me ma non sembra!
FUORI. E la Sila per noi ha un po’ il volto di una minaccia… E’ un elemento di disturbo nelle giornate che passano sempre uguali. È la consapevolezza di rimanere sempre un po’ di meno, sempre un po’ più soli.
DENTRO. “Mamma, io e Luna andiamo al teatro!”. Emanuela, l’animatrice, ci invita a passeggiare. Facciamo la strada del campetto di sotto e ci inoltriamo nel bosco ma inizia a piovere e non vuole smettere e noi iniziamo a bagnarci. Non possiamo ripararci da nessuna parte, quindi, Emanuela propone comunque di tornare indietro. Io penso a mio padre: mi ucciderà! Riusciamo a ritornare al villaggio. Vicino il teatro i miei genitori e quelli di Luna ci aspettano con gli ombrelli: mio padre dice che dopo pranzo piove sempre in Sila. Le urla voglio dimenticarle.
Sono in camera, loro sono rimasti da Zio: abbiamo pranzato sotto. Io volevo stare sola e ascoltare la musica e scrivere il mio diario. Dopo pranzo piove quasi sempre in Sila ad Agosto e io volevo proprio questo momento. Il momento in cui si annuvola e iniziano le prime gocce: l’odore della pioggia che si unisce all’odore della terra dei boschi e del legno, l’aria diventa più fresca. Sto in una palazzina e abito all’ultimo piano, lì dove il tetto è spiovente e nella camera mia e di mio fratello c’è una piccola finestra, a forma quasi quadrata. Il legno alle pareti del dentro e quella luce fioca che entra da quella piccola finestra da fuori mi accarezza, mi abbraccia.
Mi sono appena svegliata. Esco sul balcone e mi incanto nel guardare l’albero delle farfalle pieno di farfalle. Una farfalla si appoggia alla ringhiera, la guardo: è bellissima! Un po’ bruttina di faccia!
Papà ha comprato anche la casa accanto alla nostra: mi piace di più. La chiamo “casa mia mia”.
Siamo a “casa mia mia” con gli amici. Spesso dopo pranzo ci riuniamo da me e parliamo, scherziamo, cantiamo, improvvisiamo balletti, canto ninna nanne per il riposino.
Siamo tutti al campetto di sotto. Con la musica di sottofondo, ci sono quelli che giocano a Basket, quelli che giocano a Pallavolo, quelli che giocano a passaggi. Noi siamo sulla capannina di legno.
Tra poco inizia la caccia al tesoro e sono felice perché siamo tante squadre: praticamente partecipa tutto il villaggio! Abbiamo bisogno di un reggiseno taglia settima. Hanno vinto quelli con le macchine.
FUORI. Perché la Sila è quel sorriso sognante che spunta mentre MauraMà risponde “Sì “alla domanda “ma domani vai in Sila?”. La esse lunghissima di quel sì si conficca tra i denti e la lingua e la mano si posiziona sul petto…
DENTRO. Sono al teatro con i miei genitori stiamo vedendo una commedia in dialetto: ci piacciono. Siamo seduti a metà gradinate sulla sinistra entrando da sopra. Le luci sono dirette sul palco ma io guardo il resto del teatro. È pieno e mi accorgo che vedo sempre le stesse facce e la cosa mi piace e mi fa sorridere: tutti ai propri posti.
È notte e io e i miei amici siamo seduti alle panchine fuori dal teatro. Roberto ci racconta le favole rivisitate e io muoio dalle risate: che simpatia. Fa freddo ma per fortuna sono equipaggiata.
FUORI. Che poi magari MauraMà di tornare torna ma accada quel che accada, ferragosto è in Sila!
DENTRO. Il falò di Ferragosto al campetto di sotto è un rito. Per sentire la musica hanno aperto gli sportelli di una macchina, è buio e solo il fuoco fa luce ma se ti allontani e vai in fondo al campetto e alzi la testa … vedi milioni di stelle, come non se ne vedono da altre parti. Io e Luna facciamo la gara a chi ne vede di più, poi puntualmente arriva Bì ubriaco che urla: “una stella cadente” e si lancia su di noi. Che ridere!
Sono seduta al bar Lo Scorpione con gli altri: ci raccontiamo sempre gli stessi aneddoti e ridiamo sempre come nel momento in cui le cose sono accadute.
Ci siamo messi in cerchio con le sedie rosse. Il bar ha chiuso da un pezzo. Io lancio ami e i “nuovi” abboccano e così ci conosciamo meglio.
FUORI. La sensazione è sempre stata che la Sila venisse al primo posto. Perché alla Sila non si può rinunciare, ha sempre la meglio contro il mare cristallino e le notti stellate in spiaggia.
DENTRO. Mamma si lamenta che sono sempre fuori con gli amici, dice che faccio “la notte giorno e viceversa”. Io sto bene in questo posto. Con gli amici della Sila ci vediamo praticamente solo in Sila escluse le rare rimpatriate. A me la Sila mi ricarica per tutto l’anno!
FUORI. La Sila è quei 3 cartelli: “sorridi sei in Sila”, “emozionatevi naturalmente”, “la Sila è magia”. Li conosco a memoria questi 3 cartelli, me li sono immaginati un sacco di volte affissi agli alberi ma non ne ho mai visto uno.
DENTRO. Stiamo salendo in Sila noi silani perché abbiamo deciso di farci il Capodanno qui e già il viaggio in macchina ci fomenta. Clacson a ripetizione: “sorridi, sei in Sila”. Oggi è trenta e torniamo il due/tre/quattro”. Sono emozionatissima: c’è la neve e noi siamo felici come bambini. Ci lanciamo dalla discesa del teatro con lo slittino che Luna ha recuperato in cantina: che ridere! Si muore di freddo ma sono equipaggiata! Il Cicione si bagna tutti i pantaloni della tuta: che scemo! Ci stiamo facendo la passeggiata in notturna nel villaggio. Ci lanciamo la neve che a dire il vero è un po’ duretta e quindi ci stiamo facendo male. Il silenzio della Sila unito al silenzio della neve. Abbiamo un villaggio fantasma, dal punto di vista degli abitanti ormai, solo per noi: non vorrei un tetto altro. Il cielo è limpidissimo e quelle stelle … Siamo vestiti tutti eleganti per la cena di capodanno. Decidiamo di farci una foto con l’autoscatto: siamo bellissimi! “Buono anno amici!”.
Io e Luna dormiamo insieme sul divano di casa sua, sotto. Ai nostri piedi abbiamo il caminetto acceso, lasciamo che si spenga da solo e intanto noi ci addormentiamo …
Alzo la serranda, esco fuori dal balcone, respiro e guardo gli alberi e la palazzina di fronte: nel frattempo fumo una sigaretta.
Appena sveglia, (sono le quattordici), vado in “giardino”: il villaggio è un grande condominio, con un unico amministratore, quindi, è come se vivessimo tutti nello stesso palazzo e il fuori fosse il nostro cortile. Qui c’è poco asfalto, quindi, lo posso chiamare giardino! Studio al tavolino di legno del teatro: a Settembre ho due esami.
Solo ieri ero a Firenze a seguire i corsi ora sono qui per la “sagra della salsiccia e della patata”. Per qualche anno non sono potuta venire ma ora stringerei il villaggio in un abbraccio e gli darei tanti bacini: quanto mi sei mancata Sila mia.
Sono a letto, stasera non ho fatto le sei: sento il rumore degli alberi e mi si stringe il cuore a pensare che dovrò aspettare l’estate prossima per essere di nuovo qui. Sto sempre bene qui, posso riprendere contatto con me stessa, non so come spiegare: sono io in tutto e per tutto. Mi piace respirare l’aria di questo posto meraviglioso. Qui gli scoiattoli ti possono passeggiare accanto e se giri di notte in macchina puoi vedere le volpi. Puoi incontrare per le scale del palazzo un piccolo scorpione che cammina indisturbato. Le mucche possono bloccarti il passaggio quando vengono portate al pascolo. Ci sono i laghi e le trote. Puoi mangiare i funghi che trovi per i sentieri durante le escursioni. Ma perché non sto bene così anche negli altri posti dove vado o dove sto?
I signori sono dentro al teatro a fare Karaoke. Io sono triste perché quest’anno devo ripartire presto: domani. Mi allontano dagli altri per farmi un giro del villaggio da sola: alzo gli occhi al cielo, respiro. Respirandola è come se volessi ingerirla ma non vorrei contenerla, no. Mi piacerebbe essere Sila.
È notte, non c’è nessuno in giro per il villaggio. Mi siedo al centro della discesa del Market. D’avanti a me la strada, ai lati i pini, la luna piena e il silenzio, solo una voce: l’aria che parla attraverso le punte degli alberi … come nella storia di Zio. Mi alzo e giro lo sguardo verso una parte buia di cielo e vedo una stella cadente: voglio essere Sila.
Sono una una grande signora che cambia il suo mantello in base alle stagioni ma mantiene la sua identità. Ho tutta la bellezza che serve: longilinea come un grande pino, mastodontica come una montagna, soffice come la neve. Riesco a penetrare nella testa e nei cuori delle persone che vengono a farmi visita: sono uno stato mentale. Sono una mamma che ti abbraccia quando è necessario, sono una donna che ti accoglie e ti consola. Sono silenzio, pace, curve che ti fanno stare male di stomaco, cibo, tradizioni, tarantelle, reggae, divertimento, alcool, anarchia. Sono un caminetto acceso d’inverno, un letto con le coperte d’estate, un libro, sono riso e sorriso, sono lacrime, sono persone che entrano in contatto con la mia natura, sono la libertà di esplorare, di esperire, di ascoltare, odorare, toccare. Sono solitudine e compagnia. Sono tutte le emozioni, sono gioia, sono tristezza. Sono rifugio, sono follia, sono amore e odio. Sono magia e sono realtà.
FUORI. Quindi alla fine non conosco la Sila se non quella che si porta dentro MauraMà. E la Sila che conosco è un po’ invadente ma è un mondo fatato. Ogni tanto spunta anche qualche folletto tra le montagne dell’immaginazione. Forse non ci andrò mai in Sila! Voglio che la mia Sila sia sempre quella dentro gli occhi di MauraMà.